17 Marzo 2024
Salviamo il bunker ancora presente al Boggio Lera
Il complesso del bunker del Boggio Lera era sede della Questura. Altri due sotto la Prefettura e i carabinieri di piazza Verga.
Catania è davvero una città senza memoria? Di certo non è senza storia, non è senza testimonianze fisiche della nostra storia dalla più antica (ad esempio l’Anfiteatro romano) alla più (relativamente) recente, come le costruzioni difensive realizzate nella seconda guerra mondiale ancora visibili sulla collina di Monte Po, alla Scogliera e alla Plaia. Colpevolmente, però, lasciate al degrado, o peggio, dimenticate. Poi ci sono i rifugi antiaerei, il più “noto” è Cava Daniele all’Antico Corso.
La storia dei rifugi antiaerei è presto raccontata: in vista della quasi certa entrata in guerra dell’Italia, nel 1940 il Prefetto chiese di sottoporre delle idee per realizzare economicamente dei rifugi antiaerei per la popolazione catanese, e l’ing. Orazio Condorelli espose il suo semplice progetto.
Egli fece osservare che nel quartiere compreso tra l’Ospedale Vittorio Emanuele e la Via Lago di Nicito, erano attivi molti cavatori di quella sabbia di colore rosso ocra, chiamata “ghiara”, tanto preziosa per le costruzioni in muratura.
Questa sabbia era stata prodotta dalla combustione della terra vegetale, quando la lava dell’eruzione del 1669, con spessore di diversi metri, aveva sormontato le floride campagne che avrebbero poi accolto l’espansione di quel quartiere.
Incrementando l’estrazione della “ghiara”, si sarebbe ottenuto un ampio ambiente sottostante uno strato di lava massiccia, di alcuni metri di spessore, capace di resistere alle bombe sganciate dagli Alleati e in tale ambiente si sarebbero potute ricoverare un gran numero di abitanti del quartiere.
All’atto della realizzazione del progetto, si constatò che poteva essere opportuno costruire, all’interno del vano, dei massicci pilastri per sostenere lo strato di lava, non più appoggiato sulla sabbia sottostante.
Il più esteso di tali rifugi è quello di Via Daniele, le cui propaggini passano sotto la Via Plebiscito e raggiungono, con un accesso fruibile con difficoltà, il giardino di un anziano abitante di Via Albergo, nel quartiere Antico Corso.
I bunker della questura, prefettura e caserma dei Carabinieri
Rifugi antiaerei sono anche, e soprattutto, quelli realizzati nel 1940 – veri e propri bunker – a protezione dei tre siti più “sensibili”, Prefettura, Questura e Caserma dei Carabinieri in piazza Verga. A testimoniarlo è Salvatore Nicolosi nel suo libro del 1983 “La guerra a Catania” (Tringale Editore).
Di questi tre bunker, identici, solo uno è “sopravvissuto” ed ancora integro: si trova nella ex sede della Questura all’interno del complesso che oggi ospita il liceo Boggio Lera, dal lato di via Santa Barbara. E necessiterebbe di massicci interventi per farlo diventare vero luogo della memoria visitabile da tutti, in sicurezza. “Il bunker resterà vietato all’accesso per almeno tre anni – spiega la preside Valeria Pappalardo – trovandosi nei pressi e in conseguenza del cantiere appena aperto per intervenire sull’ala della struttura interessata dal crollo del soffitto avvenuto quasi tre anni fa e da allora inibita. Stiamo lavorando in modo costruttivo con il grande supporto del sindaco Enrico Trantino e della Città metropolitana, che ha di fatto accelerato l’avvio del cantiere, atteso da tempo. Insieme studieremo come poter intervenire a salvaguardia e rilancio del bunker che, ricordo, già nel 2016 era stato “riscoperto” dal prof. Domenico Pernice con la creazione di attività per la ripresa del rifugio coinvolgendo anche gli studenti, attraverso l’alternanza scuola lavoro”.
Servirebbe intervenire sulle porte blindate, ma anche sulla struttura di calcestruzzo e cemento armato e conservando le apparecchiature ancora presenti, con l’inserimento, perché no, in un vero e proprio “circuito della memoria”. Circuito che, però, ancora non esiste.
Gli altri due bunker, Prefettura e sede del Comando provinciale dei Carabinieri, sono invece stati “coperti” dall’edilizia successiva: “in Prefettura – ricorda Nicolosi – venne ricavato all’interno dell’edificio, nel giardino. Studiai il ricovero in modo da conservare i palmizi, alberi secolari e decorativi, una magnolia gigantesca e un pino foltissimo. Il ricovero poteva accogliere circa 200 persone sedute, durante la guerra fu colpito da alcune incursioni aeree, senza subirne conseguenze. In seguito, all’inizio degli anni Ottanta, altri, per realizzare al di sopra del ricovero un parcheggio d’auto, ne decretarono la fine”.