26 Ottobre 2022

A Randazzo l’estorsione c’è ma nessuno denuncia

A Randazzo l’estorsione c’è ma nessuno denuncia

Inquietante il risultato dell’operazione “Terra Bruciata” durante la quale i carabinieri hanno arrestato a Randazzo per estorsione, detenzione di armi e spaccio di sostanze stupefacenti 21 persone legate ai Laudani: nessuno denuncia i cravattari.

In Sicilia c’è chi paga e chi non paga. Il pizzo intendo: quell’assicurazione “antincendio” contratta da un esercente con le associazioni mafiose. Libero Grassi, per non pagare è morto ammazzato, ma c’è anche gente, come l’imprenditore dolciario Condorelli, di Belpasso, che grazie alla sua denuncia ha fatto andare in galera chi aveva tentato di “fargli la cravatta”. In quella stessa operazione dei Carabinieri del Comando provinciale di Catania emerse però che in tanti non denunciavano o addirittura erano collusi con i clan. Stessa fotografia si è avuta nelle operazioni dei Militari sul territorio di Acireale e Aci Catena. La paura a denunciare emerge anche nell’operazione Sangue Blu, dove viene arrestato il reggente di cosa nostra a Catania, Ciccio Napoli. La mancata denuncia ha fatto perdurare per decenni estorsioni che si tramandavano addirittura tra vari proprietari di attività dagli anni ’90.

I 21 arresti per estorsione a Randazzo

Il quadro non poteva che essere uguale anche sul lato opposto dell’Etna: a Randazzo. Il comandante provinciale dei Carabinieri di Catania, Rino Coppola, è lapidario: “Gli imprenditori denunciano i danneggiamenti ricevuti, ma mai nessuno ha riferito di richieste estorsive”. Queste parole sono la sintesi dell’operazione “Terra Bruciata”, condotta dai militari dell’arma a contrasto del racket delle estorsioni con 21 arresti e accuse, a vario titolo, per estorsione, spaccio di sostanze stupefacenti e detenzione di armi. Coinvolti anche il sindaco di Randazzo, Francesco Sgroi, il presidente del Consiglio comunale Carmelo Tindaro Scalisi e Marco Stigliolo, ex consigliere comunale. Per loro vi è un’ipotesi di reato per scambio di voto politico- mafioso. Il giochino del dare e avere avveniva senza passaggio di soldi, ma attraverso uno scambio di voti con posti di lavoro a tempo determinato e assegnazione di alloggi popolari. Insomma con stipendi e case. Come se fossero soldi, anzi al giorno d’oggi, di più valore.

I “Mussu di ficurinia”: da Catania a Randazzo i discendenti del boss

A Randazzo le attività degli estortori erano coordinate da Francesco e Salvatore Sangani con la collaborazione di Samuele Portale, tutti discendenti di “Mussu di ficurinia” Laudani, il sanguinario boss, ucciso proprio durante una guerra per l’egemonia nel racket delle estorsioni sul territorio di Catania, da Giuseppe Ferone, “Cammisedda”. Per evitare il monitoraggio da parte dei militari dell’Arma, l’evoluzione: a parlare con le vittime dei conoscenti e insospettabili “amici” delle vittime. Un inganno per gli inquirenti, un pò come  nella Catania dei primi anni ’90, quando il pizzo veniva riscosso con uno scambio, assolutamente non alla pari, di soldi a moneta con banconote. Con 30-50 mila lire si ottenevano fino a mezzo milione, in barba ai controlli delle Forze dell’Ordine.

Le tariffe di cosa nostra

Anche il “marketing” di cosa nostra è cambiato. Ora non si paga più lo stipendio mensilmente, ma un “ingresso” e poi delle “comode rate” da 4 mila euro per le festività. Il tutto, fa sempre mille euro al mese, ma così gli estortori rischiano anche meno. Chi non denuncia fa di certo il gioco della malavita organizzata, che con quei soldi, riferiscono i Carabinieri, pagano il sostentamento delle famiglie dei detenuti. Inoltre, chi non denuncia limita il lavoro degli investigatori, che in questa operazione sono riusciti ad avere prove concrete solo dopo 5 anni di attività.

Per non dimenticare nulla c’è da evidenziare che a Belpasso, per i 30 anni dalla strage di Capaci,  parecchi esercenti rifiutarono di esporre la locandina ritraente le immagini Falcone e Borsellino. “La mafia a Catania non esiste”, dicevano e dicono alcuni. Peccato non sia vero. Anzi, non lo è stato mai.

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Salvo Giuffrida

Salvo Giuffrida

Salvatore Giuffrida (OdG Sicilia N^ 171391). Classe 1970 giornalista (ex chimico). Il mio motto: “Seguire ma mai inseguire”.