02 Settembre 2022
Aumento Tari Catania, i conti non tornano. Nemmeno in Aula
A Catania sono stati chiesti ai cittadini con l’aumento della Tari per il rincaro energetico 16 milioni. A Palermo solo quattro. In aula qualcosa poteva essere fatto per fermare l’impennata della tassa sui rifiuti, ma i “ragazzi” non ci hanno pensato.
A Catania l’Amministrazione ha sbandierato scenari apocalittici di un ritorno al dissesto (del cui primo nessuno si è accorto grazie all’intervento dell’allora governo M5S-Lega), chiedendo 16 milioni di euro (uguale all’1% del valore del debito al momento del primo dissesto). Questi soldi, come più volte detto, anche in una lettera da Roberto Bonaccorsi ai consiglieri comunali, servono per compensare il rincaro energetico. A Palermo, e non a Bollate, o Monza piuttosto che in qualsiasi altro comune italiano, viene chiesto per il rincaro energetico udite udite 4 milioni. Come è possibile che una città con più del doppio degli abitanti di Catania, chieda ai propri cittadini un quarto di quanto chiesto da Pogliese & Co. alla cittadinanza? È un mistero, visto che le due città sono sulla stessa isola e che il rincaro energetico è lo stesso. Identico per tutti.
Il regno delle Due Sicilie (Orientale e Occidentale)
I conti quindi non tornano. A meno che non si ammetta che Catania smaltisca l’indifferenziata in una discarica dai prezzi esorbitanti, praticamente fuori dal mercato. Di tutto ciò la ragioneria generale del Comune di Catania rappresentata da Clara Leonardi e l’Amministrazione con a capo Roberto Bonaccorsi ne erano a conoscenza? Se si, perché non hanno denunciato questa disparità di aumento, soprattutto in Consiglio comunale o nelle commissioni dove sono intervenuti? O meglio, si sono resi conto dell’anomalia del numero chiesto dall’Amministrazione della discarica di Lentini?
Se la costruzione del prezzo, poco chiaro e mai spiegato alla stampa dall’Amministrazione comunale, sono una causa dell’aumento, l’altra sta nel comportamento dell’aula, presieduta da Giuseppe Castiglione, durante la votazione di martedì sera.
Il voto in Aula sull’aumento della Tari
Secondo noi, la delibera poteva non passare ed ecco come e perché. In Aula hanno votato si in 10: Santi Bosco, Giuseppe Castiglione, Giuffrida Salvatore, Giovanni Grasso, Orazio Grasso, Carmelo Nicotra, Paola Parisi, Peci Salvatore, Luca Sangiorgio e Sonia Sofia. In 4 sono stati gli astenuti: Daniele Bottino, Curia Bartolomeo, Penna Antonino e Manfredi Zammataro. Unico contrario: Lanfranco Zappalà. La votazione è stata eseguita per appello nominale ed essendo la seduta in prosecuzione del giorno precedente aveva bisogno di un numero legale pari a 15, che si raggiunge proprio con Zappalà (chiamato per ultimo), che non facendosi contare lo avrebbe fatto saltare. La seduta quindi sarebbe stata nulla.
Cinque assenti per una Corona
Fermo restando che tra gli assenti vi erano almeno due giustificati per malattia (Sebastiano Anastasi e Angelo Scuderi) e Santo Russo, sempre assente nelle votazioni sulla gestione rifiuti visto che lavora per il Consorzio Gema e prima per la Dusty, gli altri consiglieri, seguendo da fuori la seduta (ammesso che seguissero, grave sarebbe il contrario vista l’importanza) sarebbero potuti entrare o facilmente collegarsi durante l’appello degli assenti e quantomeno astenersi dalla votazione. Ne bastavano 5 su 21 assenti. Alla chiusura delle votazioni si sarebbe avuto 10 favorevoli, un contrario e 9 astenuti. La delibera non sarebbe passata. Servivano 11 favorevoli che l’Amministrazione non aveva. I cinque che potenzialmente potevano intervenire sarebbero stati incoronati come giovinetti eroi. Che peccato!
Per la cronaca gli assenti erano: Lidia Adorno, Sebastiano Anastasi, Enzo Bianco, Graziano Bonaccorsi, Campisi Alessandro, Salvo Di Salvo, Valeria Diana, Giuseppe Fichera, Giuseppe Gelsomino, Agatino Giusti, Dario Grasso, Alessandro Messina, Emanuele Nasca, Giovanni Petralia, Sara Pettinato, Francesca Ricotta, Maria Grazia Rotella, Santo Russo, Francesco Sanglimbene, Angelo Scuderi, Mario Tomasello.