09 Aprile 2022
Catania, alla fine Criscitiello aveva ragione
A nulla sono valsi gli avvertimenti di Michele Criscitiello sul Catania. Considerato un nemico, aveva visto bene prima di tutti.
La radiazione del Catania è stata causata da numeri impietosi e fuori controllo. Dalla gestione Pulvirenti il destino era già segnato. Sigi completa il disastro e Mancini pianta i chiodi nella tomba.
Dai “Treni del gol” era tutto finito. Non c’era più niente da fare. Si è andati avanti con una sorta di vita artificiale. I numeri erano già impietosi e non potevano che peggiorare. Nel 2018 arriva anche la crisi della grande distribuzione e Pulvirenti è nei guai più di prima. L’ultimo bancomat del Catania, Meridi, va a secco e la fine sembra imminente. A Catania si resiste e nessuno fa le domande giuste. Il suggerimento arrivò nel 2013 da parte di Michele Criscitiello, etichettato però come nemico dei colori rossazzurri. Lui, invece, ne sapeva una più di Belzebù. Chi ne fa una in più, stavolta di Bertoldo, è Pietro Lo Monaco, ma non è il solo.
Il plenipotenziario si vanta di un risanamento, inesistente alla luce dei dati oggettivi: i bilanci societari. Il Club con la sua gestione cola a picco, ma siamo in pochi a fare le domande giuste e anche ad essere tenuti lontani dallo stadio e dalle conferenze stampa. Il presidente di Sigi, Giovanni Ferraù, continua l’opera di Lo Monaco mentendo di continuo su numeri e intendimenti dell’armata Brancaleone del pallone italiano. Alla faccia della spending review che imponeva il momento e l’irrisoria forza imprenditoriale di SIGI, rispetto ai 54milioni e più di euro di debito del Calcio Catania, in un anno di gestione spendono quanto il peggior Lo Monaco affidandosi a un Direttore sportivo di primo pelo, Maurizio Pellegrino, che come allenatore ha un Palmares da film horror.
Il fallimento societario era inevitabile dal 30 giugno 2021, a causa di una “perdita ultra azzerante del capitale sociale“, derivata da una gestione di Sigi, che chiamare scellerata è un complimento. Per il Tribunale etneo, infatti, il Catania fallisce non tanto per il debito, ma propio per la gestione di Ferraù & Co.. L’evento catastrofico oramai è fatto. Davanti c’è solo il muro contro cui sbattere. L’impatto si materializza il 22 dicembre del 2021. Prima di questa data, la Covisoc non ferma inspiegabilmente il Catania dandogli il via alla sua iscrizione al torneo, preceduta da una raccolta fondi non regolare, attraverso i tifosi.
Il 21 dicembre si materializza a Catania il deus ex machina. In Aula davanti il Tribunale Fallimentare, i legali del Calcio Catania S.p.A., portano ai giudici una carpetta, dove vi sono dei documenti che attesterebbero la manifestazione d’interesse ad acquistare il club, con 54 milioni e passa euro di debiti, da parte di un imprenditore romano: Benedetto Mancini. Fabio Regolo, Pm, esclama: “E chi è babbo Natale?”. L’udienza termina nei fatti in quel momento con il risultato della dichiarazione di fallimento della società calcistica.
Dopo la prima asta deserta e un esercizio provvisorio, la cui sussistenza sarà documentata ai legali dei creditori a partire dal 17 maggio 2022, Mancini piomba in città e si fa vedere con tanti soci Sigi, in primis Giovanni Ferraù, ed è accompagnato ovunque vada vi è Arturo Magni, legato a Sigi mani e piedi. Dall’imprenditore romano nessuno, tranne rarissime eccezioni e con fantasiose motivazioni, crede in lui. La sua inaffidabilità è conclamata da fatti che puntualmente si ripetono a Catania, secondo un cliché ben prevedibile.
Dichiarato decaduto l’imprenditore romano, si va velocemente verso la fine, che voleva evitarsi con un’altra colletta, in stile Sigi e proposta da un uomo di Sigi: Maurizio Pellegrino. Troppo tardi, anche per l’ultima passerella di questi eroi incompresi. Che figuraccia!!!
Altro discorso va fatto sulla squadra. Con tantissimi i limiti tecnici e tattici, giocano con il cuore e fanno più di quanto nelle loro possibilità. I punti conquistati sul campo sono un puro miracolo dell’emotività, ma con gli stessi risultati e senza la crisi societaria, altro che applausi dopo le sconfitte con Picerno e Paganese. Avrebbero preso fischi sonori da record.
Dopo l’esclusione al torneo bisogna andare avanti. Le prospettive ora sono tutte da verificare. Per avere cognizioni concrete bisogna aspettare giugno. Ora bisogna solo interrogarsi per non ripetere gli stessi errori del passato e capire come evitare gli sciacalli, sempre in agguato. Gli imprenditori catanesi, eccetto Angelo Massimino, storicamente si sono sempre tenuti alla larga dal calcio, vuoi perché sono talmente bravi da aver capito che in questo mondo non ci sono profitti ma solo perdite ingenti, vuoi perché non amano il clamore mediatico che vi è attorno al pallone.
La città, intanto, deve risollevarsi dal basso delle classifiche di Pil, occupazione, vivibilità e dalla crisi politica e istituzionale, poi potrà pensare anche al Calcio. Tornado a Criscitiello, aveva ragione: “A Catania c’è qualcosa che non funziona!”. E siamo solo all’inizio.