19 Giugno 2021

Sigi, non ci resta che piangere!

Sigi, non ci resta che piangere!

Il presidente Giovanni Ferraù tenta un’arringa di difesa del lavoro di Sigi. Nessuna parola per i dipendenti sull’orlo di perdere il lavoro. Ancora dubbi sul reale debito del Catania, ma dalla scorsa conferenza due novità: non c’è la certezza d’iscriversi al torneo e l’investimento per salvare il club che passa da 3-4 ai 15 milioni.

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Dal crowfounding al patrimonio della città

Inizia malissimo la presentazione della raccolta fondi chiesta ai tifosi del Calcio Catania per salvare il club, successivamente definita con il più elegante termine inglese “crowfounding”, parecchio utilizzato dalle associazioni umanitarie in cerca di risorse. Ma lasciando perdere l’etica dell’operazione messa in atto da Sigi, successiva ad una pandemia globale e storica, l’avvocato se la prende anche con l’imprenditoria locale inerte, dice lui, alle esigenze di un “Patrimonio della città”. Di questo ci prendiamo carico di avvisare qualche tour operator in modo da fare inserire nelle guide turistiche il Calcio Catania. Rimane un mistero l’epilogo della trattativa con il gruppo Morosoli, che si era affacciato per rilevare il 51% delle quote. Misterioso il rifiuto da parte del managment di Sigi.

Il rischio secondo Ferraù

Sui numeri, o meglio sugli euro vale la pena ancora spendere qualche parola sulla confusione comunicativa di Ferraù, non nuovo a queste performance. In pochi giorni, innanzitutto, svanisce la baldanzosa certezza di iscrivere la squadra al torneo. Ci vogliono soldi ed esattamente 2,7 milioni di euro. Poi dice: “Sarebbe un peccato fare fallire la società  per 200 mila euro, certo che per 700-800 mila il discorso cambia”. Sembra tutto sensato, peccato che la Calcio Catania Service Srl, casualmente è fallita proprio per 200 mila euro sotto la gestione Sigi, il 29 settembre del 2020. Quindi per mezzo milione di euro, la differenza tra 700 e 200 mila euro, il Catania sarebbe condannato. Mezzo milione che equivale a meno del 10% del capitale ad oggi investito da Sigi (6 milioni) e a meno dell’1% del debito totale del club che supera carte alla mano e dichiarazioni di Ferraù (9 milioni su debiti nascosti) i 64 milioni. Ordini di grandezza totalmente differenti. Insomma come sparare con le fionde ai cannoni.

Con dei creditori privati è punto e a capo

Un altro problema, e qui Ferraù non risponde proprio, è quello legato ai debiti pregressi, o meglio alla loro gestione. Non pagate le transazioni con vari creditori privati, tra i quali alcuni professionisti, sono tornate al valore nominale iniziale. Quindi serve un nuovo accordo. A quando i pagamenti? Scena muta!

Su Agenzia delle Entrate e Comune Mascalucia il silenzio tombale

Altro debito su cui cala il silenzio del presidente di Sigi è quello legato al debito con il Comune di Mascalucia e soprattutto con l’Agenzia delle Entrate. Per la rateizzazione servono le coperture a garanzia. Dove sono? Nessuna risposta se non “lasciamoli lavorare”. Non dice nulla quindi sulle coperture a garanzie della rateizzazione dei debiti così come previsto in queste transazioni. Ci sono le coperture? Evidentemente no, sennò avrebbero già chiuso gli accordi.

Su Tacopina: “È inadempiente”, ma dai conti esce fuori una buona uscita

Sulla questione Tacopina, Ferraù, sventolando, carte dice che l’americano è stato inadempiente, visto che ha versato solo 640 mila euro al posto di un milione pattuito per l’acquisto del 15% club? Fatti i conti, Sigi per cedere il Catania voleva da Tacopina 6,666 milioni. Se 6 sono quelli versati da Nicolosi e Company i 666 mila euro sono un surplus. Un guadagno per Sigi, di cui nei mesi scorsi si era fatto cenno. L’importante che l’americano è inadempiente!

Gli investitori stranieri, il mare e la montagna

In tutto questo, a detta di Ferraù, ci vogliono subito 15 milioni d’investimento. Ah no! Uno per iniziare la stagione, poi torna a 15. Insomma due minuti sembra di essere sulle montagne russe, in cui spuntano, come tanti Belzebù nella casa degli orrori, fantomatici investitori stranieri seri, che come ha detto sua potrebbero investire qui a Catania sul calcio “per il mare, la montagna”.

Nessuna parola per i lavoratori: non ci resta che piangere

Il capolavoro Ferraù lo compie non dicendo nemmeno una sillaba sul sequestro avanzato dalla curatela fallimentare della Calcio Catania Service, fatta fallire per 200 mila euro, che chiede un sequestro conservativo pari a 10,5 milioni di euro, di cui 3,3 milioni al Catania, e nemmeno un cenno sui dipendenti che con orgoglio ogni giorno vanno a lavorare al Calcio Catania e che con lo stipendio mantengono le famiglie, ma evidentemente loro non sono “un patrimonio”.  Ed è per loro che “Non ci resta che piangere”.

 

 

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Salvo Giuffrida

Salvo Giuffrida

Salvatore Giuffrida (OdG Sicilia N^ 171391). Classe 1970 giornalista (ex chimico). Il mio motto: “Seguire ma mai inseguire”.