28 Novembre 2019

Comitato Rodotà Sicilia a Musumeci: «Che Fontanarossa appartenga ai siciliani».

Il Comitato Rodotà Sicilia, beni comuni e pubblici si rivolge al governatore Nello Musumeci perché chiarisca il suo repentino cambio di posizione e lasci che la proprietà dell’aeroporto di Fontanarossa di Catania appartenga solo e soltanto a siciliani e siciliane.

Il Comitato esprime preoccupazione per le ultime notizie relative al via libera alla privatizzazione di un bene di appartenenza pubblica. La regione Sicilia apre all’immissione sul mercato di uno dei suoi gioielli approvando la privatizzazione della SAC, la società che gestisce il quinto scalo italiano per traffico, il primo del Mezzogiorno, con dieci milioni di passeggeri. Un boccone che ai soci potrebbe valere tra i 300 e 500 milioni di Euro.

Un’operazione con molte ombre e poche luci. Le ombre riguardano il ruolo di Pietro Agen, presidente della Camera di Commercio sud-est e maggior azionista della stessa con il 61,22 % delle quote di Sac. Un uomo solo decide il futuro di uno degli snodi più importanti del meridione. Quale futuro per l’aerostazione e per le centinaia di lavoratori attualmente in servizio?

Colossi del settore italiano e mondiale hanno già manifestato interesse per un’operazione miliardaria, dal gruppo Benetton ad Atlantia, dalla società Airport de Paris all’argentina Corporaciòn America.

Tutto ciò accade in Sicilia, l’isola che è appena stata eletta la terza isola più bella della Terra, dopo una consultazione mondiale della Casa Editrice Condé Nast. Un’isola, la nostra, che avrebbe bisogno d’interventi pubblici su strade, autostrade, viadotti, reti ferroviarie, porti in stato di abbandono. Un divario nord-sud che mette la Sicilia agli ultimi posti della classifica per trasporto pubblico in Italia.

La legge d’iniziativa popolare (LIP) Rodotà beni comuni e pubblici, che, a breve, verrà discussa in Parlamento, colloca tutte le infrastrutture per il trasporto tra i beni di appartenenza pubblica necessaria che in nessun modo possono essere immessi nel mercato. Si tratta di beni che vanno gestiti nell’interesse di tutti, per il bene delle generazioni presenti e future. Il profitto, che muove l’interesse del privato va nella logica opposta della ratio della LIP e di ciò che definisce beni comuni, cioè, “le cose che esprimono utilità funzionali all’ esercizio dei diritti fondamentali nonché allo sviluppo della persona…anche a beneficio delle generazioni future”. Definizione che mette in atto l’art 3, comma due della Carta del 1948.

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redazione

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