20 Febbraio 2019
Roma, usura in un patronato a Centocelle
A Roma in un patronato del quartiere di Centocelle venivano fatti prestiti a condizioni da usura con tassi fino al 300% annui.
I Militari del Comando Provinciale di Roma hanno dato seguito ad un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Giudice delle Indagini Preliminari del Tribunale capitolino nei confronti di quattro soggetti, accusati di usura ed esercizio abusivo dell’attività finanziaria.
L’indagine della Guardia di Finanza
La Procura della Repubblica – Gruppo di lavoro reati gravi contro il patrimonio e stupefacenti ha coordinato l’indagine. Questa trae origine dalla denuncia presentata nel novembre 2017 da una donna che, dopo essersi rivolta a un patronato del quartiere di Centocelle per istruire una pratica di finanziamento al fine di far fronte a impellenti spese mediche, era rimasta vittima di veri e propri usurai.
Tassi fino al 300% annui
Non essendo riuscita ad ottenere il prestito, la denunciante era stata costretta ad accettare le condizioni capestro imposte dagli indagati. Questi avevano proposto di concedere direttamente il denaro richiesto ma con l’applicazione di tassi di interesse mensili oscillanti tra il 20% e il 25%, corrispondenti a circa il 300% annuo.
Gli approfondimenti eseguiti dal Gruppo Investigazione Criminalità Organizzata del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria hanno portato alla luce un più ampio sistema illecito perpetrato ai danni di diverse persone. Quest’ultime, versando in precarie condizioni economiche che non consentivano loro di accedere al credito legale, erano cadute nella “trappola” dell’usura. Qui entravano di scena il titolare dell’ente associativo, i suoi figli e un quarto soggetto “finanziatore” delle condotte delittuose.
Ritrovato un “libro mastro”
L’erogazione delle somme era “schermata” dalle finalità del patronato, ovvero quelle di offrire assistenza agli utenti per l’espletamento di pratiche amministrative di vario genere. Nel corso di perquisizioni, i Finanzieri hanno rinvenuto, tra l’altro, un vero e proprio “libro mastro”. Gli indagati segnavano in esso, con certosina precisione contabile, le somme prestate e le relative restituzioni, comprensive degli esosi interessi applicati.
Al contempo, le intercettazioni hanno fatto emergere la “professionalità” dell’attività criminosa. È stata evidenziata l’assoluta prudenza utilizzata dai protagonisti della vicenda nelle reciproche interlocuzioni, caratterizzate dall’uso di un gergo “cifrato”, secondo il quale i prestiti erano “torte” o “feste” o “compleanni” o “album”, le rate “regali” e gli interessi “candeline” o “figurine”.
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