26 Novembre 2018

Antibiotici e antibiotico-resistenza: con noi o contro di noi?

Novembre ricco di avvenimenti per la salute. La settimana compresa fra il 12 e il 18 di questo mese è infatti stata dedicata interamente agli antibiotici (World Antibiotics Awareness Week, organizzata da OMS, FAO e Organizzazione mondiale della sanità animale). Nell’ambito di questi sette giorni in particolare il 18 Novembre è stato proclamato giornata europea degli antibiotici (European Antibiotics Awareness day), indetta a sua volta dallo European Centre for Disease Prevention and Control (Ecdc). Cosa rende gli antibiotici così importanti da dedicare loro un’intera settimana della salute?

Il fenomeno della resistenza

Prima di tutto, ricordiamo il target fondamentale dei farmaci antibiotici: la flora batterica. Ha senso assumerli per una malattia infettiva la cui origine batterica è stata confermata clinicamente e/o attraverso analisi di laboratorio? Sì. Ha senso prenderli per combattere un’influenza, un raffreddore, o qualsiasi altra patologia di origine virale? Assolutamente no e può anzi rivelarsi controproducente. L’utilizzo improprio degli antibiotici è infatti alla base del fenomeno dell’antibiotico-resistenza, ovvero quel fenomeno per cui una determinata molecola antibiotica si rivela inefficace verso un dato ceppo batterico. I dati raccolti nel 2017 dallo European Antimicrobical Resistance Surveillance Network (Ears-Net), la rete di sorveglianza della resistenza agli antibiotici, mostrano che la resistenza batterica a queste molecole resta una seria minaccia per l’Europa. Il dilagare del fenomeno inficia infatti la possibilità di effettuare terapie antibiotiche adeguate verso infezioni potenzialmente fatali per il paziente, e attualmente si calcolano circa 33mila decessi annui legati a questo problema.

Antibiotici

Ma che succede in Italia? Il nostro Paese, insieme a Grecia, Spagna e Portogallo, è uno dei paesi europei in cui è maggiore l’utilizzo degli antibiotici, nonostante il trend sia fortunatamente in inversione. L’impatto dell’antibiotico-resistenza è importante nel nostro Paese, come evidenziato da un articolo pubblicato su The Lancet Infectious Disease nel 2015. È stato stimato che in Italia si sia verificato infatti circa un terzo delle morti annue per antibiotico-resistenza. Impatto clinico quindi, ma anche economico. L’organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) ha indicato in 13 miliardi di dollari il costo dell’antibiotico-resistenza in Italia da qui al 2050 se non si pratica un’inversione di tendenza. A tal proposito il Ministero della Salute ha varato nel 2017 il “Piano nazionale di contrasto dell’antimicrobico-resistenza 2017-2020” che si propone di affrontare il fenomeno attraverso sei interventi: sorveglianza, prevenzione e controllo delle infezioni, uso corretto degli antibiotici, formazione, attività di comunicazione e informazione, ricerca e innovazione.

Antibiotico sì, antibiotico no

Com’è possibile che tutto questo influisca su di me e come faccio a dare il mio contributo nella guerra all’antibiotico-resistenza? È naturale porsi queste domande. Ad una prima riflessione non è facile farsi venire in mente il collegamento fra un fenomeno così diffuso e la propria esperienza personale. Bisogna cercare di pensare un po’ più in grande. Basti pensare che non tutta la popolazione generale è sufficientemente immunocompetente e che i batteri sono microrganismi che circolano, in grado di trasmettersi da essere umano a essere umano. L’assunzione superflua di antibiotici permette loro di mettere in atto dei cambiamenti strutturali e funzionali che causano l’antibiotico-resistenza. In poche parole, come nella classica tradizione dell’evoluzione, la loro “progenie” futura avrà delle capacità che gli permetteranno di sopravvivere alla stessa molecola antibiotica che tempo prima era invece efficace. La nascita di un simile ceppo, e soprattutto la sua trasmissione a un soggetto non ugualmente immunocompetente, provoca le sgradevoli conseguenze che possiamo immaginare. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha stilato poche semplici regole che tutti possiamo seguire per contrastare il fenomeno. Al paziente è consigliato di usare l’antibiotico solo quando prescritto dal proprio medico, e di seguire attentamente le prescrizioni per evitare di assumere il farmaco in maniera diversa da quanto indicato. E’ inoltre raccomandato l’assoluto divieto di distribuire ad altri soggetti gli antibiotici prescritti e soprattutto di cercare di prevenire le infezioni attraverso elementari norme igieniche e comportamentali (lavaggio delle mani, non contatto con malati, vaccinazioni). L’OMS prosegue le sue raccomandazioni, rivolgendole a medici, infermieri e farmacisti. Gli operatori sanitari sono tenuti a prescrivere l’antibiotico solo quando necessario e secondo le raccomandazioni delle linee guida, a chiedere informazioni ai propri pazienti circa la condotta da questi seguita nell’utilizzo delle prescrizioni antibiotiche e dare loro spiegazioni sulle modalità di prevenzione delle infezioni. Il corretto utilizzo della molecola antibiotica parte proprio dagli operatori sanitari. I nuovi dati raccolti dall’European Surveillance of Antimicrobicals Consumption (Esac-Net) indicano che tra il 2013 e il 2017 non ci sono state variazioni statisticamente significative nell’utilizzo degli antibiotici nei Paesi dell’UE, con un valore medio di 21,7 DDD (Dose Definita Giornaliera, ovvero la dose media di un farmaco assunta giornalmente da un paziente adulto, in relazione all’antimicrobico di riferimento). A livello ospedaliero il consumo medio di antibiotici è stato di 2,1 DDD per 1000 abitanti. La situazione delineata evidenzia che la condotta nell’uso degli antibiotici sta in qualche modo migliorando rispetto al passato, ma in maniera lenta.

Antibiotici quando prenderli

Come si fa a essere certi che l’antibiotico sia stato prescritto dal medico in maniera corretta? La terapia antibiotica non deve necessariamente essere iniziata solo quando confermato da analisi di laboratorio. L’utilizzo della molecola antibiotica è legittimato anche in modo empirico, ovvero attraverso il forte sospetto clinico che sia in corso un’infezione batterica, sospetto nutrito da accurata visita medica. La necessità di una terapia antibiotica può successivamente venire confermata da esami del sangue, colture eseguite su liquidi biologici e infine, per la certezza della giusta condotta terapeutica, l’antibiogramma. Quest’ultima è un’analisi attraverso la quale è possibile testare la resistenza o la sensibilità di un dato microrganismo verso un determinato antibiotico. E’ chiaro che l’allestimento e l’ottenimento dei risultati di queste analisi richiede del tempo, pertanto la terapia antibiotica empirica è spesso necessaria per contrastare anzitempo la presenza di infezioni batteriche spesso galoppanti.

Siate educati

Come in tutti i campi legati al mantenimento di una terapia, anche nel caso dell’antibiotico si tratta di mettere in atto il giusto atteggiamento. Bisogna pertanto educarsi sull’argomento, nella misura in cui una maggiore informazione garantisce una migliore consapevolezza. E’ utile chiedere al proprio medico qualche informazione sul giusto comportamento da seguire: il fenomeno dell’antibiotico-resistenza può apparirci molto lontano da noi, ma la realtà è che riguarda ognuno in prima persona.

Dott. Luca Ferlito
Mail: ferlitoluca@gmail.com
Cell. 3334472360

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