05 Novembre 2018

La patologia tiroidea: una questione multifattoriale

La ghiandola tiroide è la più popolare ghiandola presente nel nostro organismo. E certamente anche la più colpevolizzata: le si attribuiscono aumenti di peso, dimagrimenti ingiustificati, stanchezza, euforia, nevrosi, amnesie. Ma in una stragrande percentuale di casi l’imputata può essere assolta: le sue malattie autoimmuni, responsabili di alterazioni funzionali che possono tradursi in manifestazioni cliniche, colpiscono fino al 15% della popolazione femminile, e fino al 5% di quella maschile, e solo una minima percentuale di malfunzionamenti metabolici possono essere attribuiti alla tiroide.

Patologia meccanica e patologia funzionale: rapido excursus

La tiroide è responsabile della regolazione di numerosi processi corporei. Fondamentale nello sviluppo del sistema nervoso, nella regolazione del metabolismo basale e nel ricambio del calcio, può arrivare a influenzare l’attività cardiaca. Il suo funzionamento dipende dall’attività degli ormoni che produce, TsH, triiodotironina e tiroxina, attività ormonale regolata dall’ipofisi e che a sua volta regola, in un sistema gerarchico a piramide, il resto del nostro organismo. Non c’è quindi da stupirsi se, in un così delicato gioco di equilibri reciproci, un singolo tassello malfunzionante riesce ad alterare l’intero sistema. Le patologie della ghiandola tiroide possono essere distinte in meccaniche e funzionali. Tra le meccaniche distinguiamo le patologie nodulari, benigne e maligne. Le benigne sono caratterizzate dalla produzione, da parte della ghiandola, di noduli con o senza concomitante aumento volumetrico complessivo della tiroide: in questo caso si parla di gozzo. Le cause di tale condizione sono in linea di massima legate a una predisposizione personale, coadiuvata da fattori ambientali, quali la carenza o al contrario l’eccesso di componenti iodate nella propria dieta. Lo iodio è infatti fondamentale per il corretto funzionamento ghiandolare: la struttura degli ormoni tiroidei è costruita proprio su questo elemento, e su questo fattore si basa l’introduzione in commercio del sale iodato: la giusta quantità giornaliera di iodio da introdurre con la dieta è di circa 15 mg. Fra le patologie nodulari maligne elenchiamo i carcinomi della tiroide, appartenenti, a loro volta, a diversi istotipi più o meno differenziati rispetto al tessuto tiroideo fisiologico, e pertanto caratterizzati da diversi gradi di aggressività.

Analisi al sangue

Fra le patologie funzionali della tiroide si riscontrano quelle non necessariamente caratterizzate da presenza di noduli, ma principalmente da un’alterazione dell’attività ghiandolare, in senso di eccesso o di difetto. Queste condizioni si distinguono in autoimmuni e non. Fra le autoimmuni ricordiamo la tiroidite cronica linfocitaria, o tiroidite di Hashimoto, caratterizzata inizialmente da un’attività di tipo iperdinamico, per dismissione di ormoni tiroidei in circolo da distruzione cellulare. Segue una fase di eutiroidismo e infine ipotiroidismo da progressiva distruzione del parenchima ghiandolare. La terapia nella fase di ipotiroidismo è costituita dalla somministrazione di ormoni tiroidei esogeni. Altra comune patologia autoimmune è il mordo di Basedow, caratterizzato in tutte le sue fasi da ipertiroidismo con conseguente possibile tireotossicosi, per attivazione costitutiva, da parte di autoanticorpi, del recettore per l’ormone tireostimolante (TsH), presente sulla superficie delle cellule tiroidee. Al contrario in questo caso, la terapia farmacologica è rappresentata dalla somministrazione di tireostatici, che riducono l’attività della ghiandola tiroide. Inevitabilmente, nella quasi totalità dei casi, è però l’intervento chirurgico a essere risolutivo, con asportazione completa della ghiandola. Numerose altre patologie autoimmuni, più rare e ricercate, possono coinvolgere la ghiandola tiroide, anche queste con alterazioni più o meno massive del suo funzionamento, associate o meno a sindromi endocrine multiple.

Un aiuto fotografico

I capisaldi della diagnostica tiroidea sono da sempre rappresentati dalle analisi di laboratorio e dalla diagnostica ecografica per immagini; in taluni casi un buon ruolo può essere svolto anche dalla scintigrafia. La diagnostica ecografica è certamente la metodica che ha maggiori informazioni da darci e che consente di effettuare, quando opportuno, il cosiddetto agoaspirato (FNAC fine needle aspiration cytology) con conseguente diagnosi citologica della patologia in questione, capitolo, quest’ultimo, di tale estensione che è opportuno trattare in separata sede. La fotografia ecografica della ghiandola tiroide ci permette di rilevare, in pochi minuti, senza dolore né altri effetti collaterali per il paziente, il volume della ghiandola tiroidea, la presenza e le caratteristiche delle eventuali nodularità, l’omogeneità o meno del tessuto tiroideo, la vascolarizzazione della ghiandola e ultimo ma non meno importante, le caratteristiche dei linfonodi cervicali, strettamente connessi alla ghiandola. Le nodularità ghiandolari solide, dopo essere state opportunamente misurate, vengono ecograficamente distinte in iper-, iso- o ipoecogene in base alle caratteristiche strutturali che le fanno più o meno assomigliare al fisiologico tessuto tiroideo. Particolare attenzione va posta sul rilievo o meno di presenza di orletto iperecogeno perinodulare, sorta di contorno che delimita o meno la nodularità.

Ecografia alla tiroide

È importante definire se il nodulo supera o meno il confine ghiandolare rappresentato dalla capsula tiroidea: nel caso in cui lo faccia potremmo trovarci di fronte a una patologia tumorale infiltrante il tessuto perighiandolare. Infine la definizione della vascolarizzazione nodulare mediante metodica ecodoppler ci permette di rilevare il cosidetto ecopattern vascolare, distinto in cinque diverse classi (I, II, IIIa, IIIb, IV) caratterizzate da gradi crescenti di vascolarizzazione: più un nodulo è vascolarizzato, più è funzionante ed è probabile che cresca più rapidamente. La definizione della sovracitate caratteristiche va effettuata per ogni singolo nodulo riscontrato, prima di passare alla visione dei linfonodi cervicali, distringuibili in sei diversi livelli (sottomentonieri/sottomandibolari, laterocervicali di I, II, III livello, triangolo posteriore, comparto centrale, più l’aggiuntivo livello mediastinico anteriore). L’ecografia ci permette di misurare le dimensioni linfonodali e di classificare il linfonodo come infiammatorio o francamente tumorale, in base all’indice di rotondità (indice di Solbiati), ovvero il rapporto fra asse maggiore e asse minore del linfonodo (un indice < 2 è sospetto per linfonodo neoplastico, ovvero più il linfonodo è tondeggiante più è possibile che sia maligno) e in base alle caratteristiche di conservazione dell’ilo (un ilo dismorfico o francamente scomparso è sospetto per malignità). Nel sospetto di malignità anche nel caso dei linfonodi l’ecografia ci permette di eseguire un FNAC.

Ghiandola complessa, lungo argomento

Come è evidente l’argomento tiroide è complesso e può essere sviscerato in molti altri aspetti. Scopo di questo articolo era evidenziare come l’ecografia rappresenti un momento fondamentale e soprattutto indolore e privo di conseguenze per il paziente. Pertanto, in caso di sospetta o certa patologia tiroidea, il sottoporsi annualmente o semestralmente a tale esame può aiutare nel dirimere dubbi diagnostici e terapeutici. Come a dire: una fotografia può salvarti la vita.

Dott. Luca Ferlito
Mail: ferlitoluca@gmail.com
Cell. 3334472360

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